da “A piene mani”

Alice Serrao approda alla sua prima raccolta poetica in età molto giovane,ma con già alle spalle diversi anni di interesse, pratica e studio della poesia che le consentono una scrittura dotata di originalità e di scelte stilistiche. L’intensità passionale delle esperienze si riversa nelle tematiche più ricorrenti […] nel sentimento amoroso, nella sensualità e nei rapporti familiari. […] Domina lo scenario la forte consapevolezza di un Femminile come potenza del sentimento, oppure grazia seduttiva, corporalità vissuta ed espressa senza remore e con capacità sia di abbandono sia di orgogliosa rivendicazione. […] Il titolo della raccolta […] va esteso dal contesto in cui appare e ampliato  una generosità dell’esporsi e del dire, dell’entrare in gioco con il proprio corpo, con il prodotto della scrittura, […]. Con il pudore della poesia […] ma anche con il coraggio di rappresentare persone ed eventi nella loro materia fondante, il vivere, l’amare, il morire.

(dalla Prefazione di L. Cannillo)

 

Maternità

Riportami all’origine della tua maternità
un nanosecondo prima
che tutto tenda all’entropia
e ascoltami crescere
in un movimento
come mare dentro una conchiglia,
perché mi hai liberata dalla densità dell’acqua,
ora liberami dalla materia,
così che la mia pelle
possa tornare a ricoprirsi della tua
in un dialogo fusionale
che è bellezza e morte.
Tu sola puoi ridefinirmi
in questo spazio universale
che si incurva,
come il tuo dito che segue
il segno
nel cerchio profondo dell’ombelico.
E riprendimi nell’utero,
dove si scioglie il dramma dell’artista
quando distende il cuore sul sublime.

 

Come faccio a spiegarti Milano

Come faccio a spiegarti Milano
in certe mattine d’autunno
gli uomini fumano – tu fumeresti –
aspettando il Treviglio.

E sempre s’incontra in uno sguardo
la notte precedente; tu non vorresti
mi guardassero le mani ed è
una congiura di coincidenze.

All’ingresso volantini del Divina,
la settimana della moda, la Feltrinelli
senza chitarre nella vetrina.
E ha un singhiozzo, stamane, Milano.

A un certo punto bisogna
lasciare stare, o diventa
                            chirurgia, accanimento,
bisogna smettere questa resistenza
che si fa con la poesia.

 

Novembre

Allora aspetto cara… – mi sorride
ma novembre è il mese dei morti
e dovresti stare tu alla porta dire
te l’è vist la me neuda? all’uscita
di scuola col cuore che aderisce
all’attesa come le foglie
come le foglie all’asfalto.
O se ti vedevano con le bambole in mano
abbassa abbassa le tende le dita
sgranano adagio il rosario
e vai se devi va’ in fretta ero io
nella paura dei primi segni
questi girasoli portati ai colombari
e non ti hanno nemmeno salvato.

 

Agnizione

Il gioco delle carte e per te perdo,
mi dici: io lo so da prima quando sei tu
ti sento come nello stomaco.
E resto, la bocca semiaperta
il bianco esterrefatto della sedia.
Lo ricordo come un segno una promessa,
come se i tre giri dell’anello sulle dita
mi facessero più certa.
Sbatto la pupilla, e io lo so da cieca:
nella pancia è tuo il succo il sangue geme
è mia la pelle che ti riveste le ossa.

 

Rinascita

La rinascita era qui:
sul pontile scambiarsi i nomi,
tre aggettivi, e fare muti tutti
gli umori gli esili fili dei viaggi,
come la cerva trafitta sui fianchi,
il sangue inseguito nella scia e sempre
il gemito del sì, la sillaba
che ti consacra e riconosce.
È possibile? Avere meno memoria
e più staminali in mezzo alle cellule.
La mano alla tua mano qui
si uncina, amore, ti ricordi? Si
salda la metà esatta della vita.

(Alice Serrao, A piene mani, La Vita Felice, Milano 2016)

Opera prima in versi

Cari lettori del mio blog,

la storia di un sogno comincia molto prima del giorno in cui si avvera. Comincia da un intravisto, da un baluginare che accade e accende una luce dentro. Assomiglia alla messa a fuoco lenta d’una pupilla che si contrae e cerca meglio una forma. Significa dire sì e promettere qualcosa, vedere meglio, da vicino.

Così, oggi, avere in mano questo libro giallo, dire che è mio, fissarlo nei tredici chili che occupano le copie in questo scatolone sul marmo, significa avere dato contorno a una luce, avere dato corpo e nome a quell’idea. Toccarla! Essere piena di gioia.

Ho pubblicato il mio libro di poesie, A piene mani (La Vita Felice, 2016).

A. Serrao, A piene mani (La Vita Felice, 2016)

Adesso queste poesie diventano farfalle. Non sono più solo quelle che ho scritto, diventano qualcosa d’altro, monumentum oraziano in cui ciascuno può scorgere il segno della mia esperienza umana, ma soprattutto attingervi (spero – nelle intenzioni – ) l’agnizione di un’esperienza umana più ampia e riconoscersi.

Io guardo questo libro dalle sue viscere, dalle sue fondamenta, fino alla sua coda di pavone, alla carta liscia in superficie. E ci vedo le bozze, le virgole e il labor limae, a volte faticoso, di distaccarsi da una parola affezionata e superflua. I tagli risoluti e improvvisi, le righe tirate su senza pietà. A volte ci vedo le poesie: le altre; quelle che non ho voluto mettere, che sono entrate e uscite, che hanno cambiato posto e si sono dileguate, che non servivano. Come i versi di una poesia che le precede tutte, le battezza e non compare. Ci vedo la luna incompleta e la silhouette scura dei tetti tornando a casa, perché molte poesie sono nate camminando; alcune hanno il suono cupo della risacca, l’odore salino del mare, altre hanno il male cavo del lutto, le guglie aguzze del Duomo. Molte hanno l’aspettativa della spalla nel presagio dell’abbraccio, altre sono sazie e lo ammettono.

Le più lontane nel tempo sono poesie del 2008, le più prossime del 2015. Dentro, ci sono anni di lavoro e molte facce, amici e posti, e cose andate perse che ho voluto tirare in salvo qui. Qualcuno a cui dare del tu. Che forse si riconosce in questa promessa mantenuta o forse ha solo il volto prezioso di una beatrice.

In ogni caso, quando le leggo penso al gesto del dare, dopo avere preso, e penso anche a quel verso di Antonia Pozzi: “Guardami: sono nuda.”

Alice Serrao

***

Lo so, lo so – a volte
abito un non luogo, divengo
inaccessibile. Forse ho dimenticato
queste poesie sono le tue
me le hai dettate al buio per anni
il tuo nome intero
mi è restato di traverso.
Non sapresti più dire
se sono la stessa di cui sapevi
una telepatia, una sposa
che nell’istinto
era il tuo sangue il tuo spirito.
Da questa feritoia nella nebbia
il mare, mentre torno
dal mio mestiere di adesso,
e sono una
che ti vorrei presentare.

                    (Hai dimenticato?)

Queste poesie
che abito sono tue, sono chiare
e amore, ti vengo sotto tiro.

(2 Dicembre 2015)