Calvino: l’occhio e la spada

Calvino è uno scrittore che apprezzo molto. Mi piace lo sguardo profondo e leggero che ha sulle cose. Mi piace il modo in cui le racconta.

Erano fatti l’uno per l’altro, spada e occhio: e forse non la nascita dell’occhio ha fatto nascere la spada ma viceversa, perché la spada non poteva fare a meno d’un occhio che la guardasse al suo vertice.
Il signor Palomar pensa al mondo senza di lui: a quello sterminato di prima della sua nascita, e a quello ben più oscuro di dopo la sua morte; cerca d’immaginare il mondo prima degli occhi, di qualsiasi occhio; e un mondo che domani per catastrofe o lenta corrosione resti cieco.

(Calvino Palomar, Mondadori 2002, p.17)

È una delle meditazioni che il signor Palomar fa nuotando nella spada di luce che il sole al tramonto traccia sul mare. Tocca un tema filosofico: la necessità che qualcuno guardi il mondo, affinché esista. Quasi che le montagne, le valli profonde, il libro sopra la mensola e il vicino di casa di colpo possano smettere di esistere, se chiudessimo gli occhi. Perché non possiamo essere sicuri di ciò che esiste se non entra in relazione con noi. Esiste ancora il tetto del palazzo di fronte, quando non lo tengo sotto gli occhi? In che modo esiste una persona, come percepisce se stessa al centro della vita, se non è in funzione del mio io?
Una delle dimostrazioni di Dio, in filosofia, si basa proprio sul fatto che se il mondo esiste anche quando non entra in relazione con noi, ci deve essere uno sguardo che sostenga tutte le cose ovunque e in ogni tempo, che le confermi nel loro esserci quando noi non ci badiamo: probabilmente lo sguardo di Dio.

Sono idee che tengo in mente ogni volta che scrivo.

Alice S.