GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA

21 MARZO 2018 – GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA

“Sono nata il ventuno a primavera” scrive Alda Merini. Un verso che non si può non citare, oggi, primo giorno di primavera, Giornata Mondiale della Poesia.

La poesia venne a cercarmi – Neruda si rivolge a lei come se parlasse a una donna, dice – da una strada mi chiamava“. L’ispirazione poetica è volubile come Angelica: spinge l’uomo alla ricerca di una necessaria e inattingibile Bellezza, che affascina e fa smarrire. Orlando che non riesce a deflorare Angelica da innamorato si fa furioso.

Il cuore di quel fiore è il mio mistero” – questo verso della Spaziani è luminoso come una Stella polare e fa da guida alla Traversata dell’oasi.  Perché la ricerca della parola serve a dare la direzione più che la meta. Il desiderio dell’uomo è orientato a cogliere il segreto delle cose per circoscriverlo in una parola esatta e precisa, nitida ed evocante. Eppure è intrinseca nell’umano questa inesattezza lessicale, questa frustrazione del non avere mai detto abbastanza bene, e la parola, precisa come il Verbo e la Verità, sembra sempre sfuggire di un passo, essere avvicinabile per giri concentrici, solo per intuizione.

Chi ha lottato con l’Angelo porta sempre un segno – scrive la Spaziani. E la sua Giovanna d’Arco lo sperimenta. Il poeta sa che il dono si porta come una ferita originale, un chiodo della croce, brucia e dilania come la luce o una maledizione. Quod me nutruit, me destruit. D’altronde, si deve aver sentito la vita intensamente, essere stati molto in alto e molto in basso, per scrivere bene, ricorda Ende. La poesia bisogna sentirla nella carne, come un maschile che schiude, eleva e buca e manca nella sottrazione. Una volta un saggio mi disse: “se non ti fa soffrire, non è poesia“.

Al genio (un’ispirazione questa volta maschile) devi “prestargli subito la mano” scrive la Spaziani riprendendo quel ditta dentro dantesco. La voce scandisce dentro, tra le viscere e il costato, un dettato feroce ed urgente. Prevede che tu senta tirare i lembi alla ferita, la china la punta della stilografica mentre affonda, prevede che tu senta in uno stato alterato di coscienza che la vita è potente e sanguina e brucia. Perché tu possa così restituirla agli altri come una profezia, dopo che Apollo ha posseduto la Sibilla. Luzi invocava: “Cantami qualcosa pari alla vita“.

Perché la dai a tutti, tranne che a me, che ho bisogno di poesia?- allude la malizia di un poeta pescato da un’antologia. Perché a volte la poesia sta zitta. Tace per anni; non detta più una sillaba. Il silenzio ti fa temere la perdita del dono. “E poi si fa viva all’improvviso un giorno che ero al supermercato” mi ha raccontato qualche tempo fa la Valduga.

Quando non ci stai pensando più, viene a cercarti come se niente fosse, come una donna volubile da una strada: ti chiama per nome a un’ubbidienza. Può essere stata in letargo per anni, acquattata nel largo del respiro, ma appena la senti rifiorire in un endecasillabo, dare la lingua ritmica degli a capo a un pensiero, qualcosa in te si sazia e rasserena, come un dio che ti parla e soffia scandendo sillabe nel sangue. E allora lo sai d’improvviso: sei salva.

 

Ars Poetica

È finita – e credo lo dica per fare una prova
per vedere il suono, se taglia la bocca;
una parola all’inizio che non significa.
Quello che ti fa soffrire amore
non si estirpa, mi fa da chiodo e da casa,
amore chiedermi cosa venga prima
tra te e la poesia
è un vespaio terribile e nuoce
è come scegliere tra il sangue e il mio nome.
Amore la poesia è il modo in cui sto
con le cose. Onora il dono come tua madre.
Forse non ho saputo spiegare bene,
se hai sentito che brucia,
se dici – ti lascio è finita.

(4.10.2017)

Alice Serrao

Anniversario

Dicono che la mia sia una poesia di inappartenenza, ma se era tua era di qualcuno. Due versi a memoria. Sono di Montale. C’è una differenza tra dire che una poesia si ispira a una persona e dire che una poesia appartiene a quella persona. L’ispirazione è come il vento: siamo esposti alle occasioni. Sono stata ispirata da molti. Ma l’appartenenza dei versi è una radice e non abita il testo, abita le intenzioni. E la mia poesia appartiene a due persone soltanto. Quelle che ho amato di più e mi sono sfuggite più in fretta; e per questo hanno avuto più margine di letteratura. Come la Spaziani che ha molto parlato delle sue città d’elezione, mentre di Torino semplicemente ha detto: ho vissuto.

a E.

Novembre

Allora aspetto cara…– mi sorride
ma novembre è il mese dei morti
e dovresti stare tu alla porta dire
te l’è vist la me neuda? all’uscita
di scuola col cuore che aderisce
all’attesa come le foglie
come le foglie all’asfalto.
O se ti vedevano con le bambole in mano
abbassa abbassa le tende le dita
sgranano adagio il rosario
e vai se devi va’ in fretta ero io
nella paura dei primi segni
questi girasoli portati ai colombari
e non ti hanno nemmeno salvato.