La Divina Differenza, di Silvio Raffo

Chiunque desideri accostarsi alla poesia di Maria Luisa Spaziani, mia poetessa d’elezione, può efficacemente affidarsi alla monografia di Silvio Raffo, La Divina Differenza, LietoColle, Como 2015.

Amico ed estimatore della Spaziani, Silvio Raffo passa in rassegna tutte le raccolte poetiche edite, precedentemente consacrate nel Meridiano (Mondadori 2012, a cura di G. Pontiggia e di P. Lagazzi), proponendo preziosi spunti critici e testi rappresentativi. Ciascun capitolo si configura come strumento guida alla comprensione di una raccolta, della quale suggerisce i temi fondamentali e una loro possibile interpretazione, corroborando la spiegazione con la lettura diretta del testo.

Alla base delle intenzioni di questo libro c’è una consapevolezza dichiarata fin dal sottotitolo e accompagnata da una serie di riflessioni nella Premessa, ovvero: l’ispirazione della Spaziani viene da una Musa lirica. Silvio Raffo, infatti, ribadisce più volte che ci troviamo davanti ad una poesia armoniosa ed estremamente musicale, classica nella forma ma sorprendentemente moderna nella capacità di trasmettere contenuti, alta nel tono e profondamente cosciente nell’impianto filosofico e matapoetico. Insomma, nel panorama odierno, in cui la poesia sembra subire la stessa crisi che scuote il mondo ed essersi impoverita, riducendosi a mera didascalia del quotidiano, la Spaziani conserva indiscutibilmente il dono di una parola magica, radicata nella capacità di sentire il sublime.

Condivido con voi, cari lettori del mio blog, una delle pagine più belle di questo volume. In queste parole si ritrova un energico messaggio positivo, un’esortazione all’essere realmente protagonisti della propria vita, determinati a lasciare un segno, anche piccolo, del proprio passaggio in questo mondo.

L’indifferenza è inferno senza fiamme.
Ricòrdarlo scegliendo
tra mille tinte il tuo fatale grigio.
Se il mondo è senza senso
tua è la vera colpa.
Aspetta la tua impronta
questa palla di cera.

(M.L. Spaziani)

Vi si concentra, in una densità quasi esplosiva, in un icastico nitore “ermetico” e più ancora profetico, il messaggio da imprimere a lettere di fuoco nelle menti […] della nuova generazione. Una bomba di energia, di potenza analoga al monito dickinsoniano “To be alive is Power”: essere vivi  è potere. L’antidoto – l’unico possibile – all’apatia e all’inerzia in cui molti secoli fa l’Anonimo del Sublime identificava la radice dell’infelicità e del male. Non la divina indifferenza montaliana, ma la divina “differenza” del libero arbitrio: la scintilla di una superiore consapevolezza, la scoperta di appartenere al cosmo dell’individuo che si riconosce “docile fibra dell’universo”. […]
È grazie a voci come questa che la Poesia può ancora dirsi vita e la Bellezza salvare il mondo.

(S. Raffo, pp. 51-52)

 

Alice Serrao

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Incontro – Maria Luisa Spaziani

Col cuore palpitante nel mio vestito blu, in via Cola di Rienzo, controllo il numero civico, il citofono. Mio padre si alza dalla panchina su cui abbiamo aspettato insieme dieci minuti che si facesse l’ora giusta, per non arrivare troppo tardi, troppo presto. Ha la voce delle fumatrici che avevo già ascoltato a Parma, il pomeriggio che le avevo chiesto se avessi potuto intervistarla a telefono e lei aveva risposto con l’invito: venga a trovarmi a Roma, a casa.

“Oh, cara, salga all’ultimo piano, prego”. Sull’uscio, mentre aspetto che apra la porta, la gioia trepidante di incontrarla si mischia all’affanno dei gradini saliti in fretta per diffidenza dell’ascensore ancora a gabbia, in questo palazzo di non so più quale secolo.

Ricordo che c’erano libri ovunque, impilati per terra, posati sul tavolino, infilate in orizzontale e verticale le edizioni Meridiani facevano a gomito nella loro vetrina. “Col fatto che sono la Volpe, me le regalano sempre!” lo sottolinea perché segue la diagonale del mio sguardo, a destra del bel ritratto di Spagnola che le fece Picasso, sull’ultimo ripiano, morbide tra i libri, ci sono delle volpi di peluches.

Ricordo anche la gentilezza, la pelle fragile e sottile delle mani nella stretta del saluto, il sapore del cioccolatino che mi offre: “ne prenda pure uno anche per il viaggio!”. Il suo bisticcio con il cordless, i messaggi che le intasavano la segreteria.

Di tutte le volte che le ho parlato o l’ho incontrata ho fatto caso soprattutto alla donna, alla persona che era dietro il poeta. Un anno di studi per la tesi mi hanno dato l’impressione che tra articoli e interviste e opere il più fosse stato detto. A me interessava risentire quelle cose per vedere come le dicesse: il gesto della mano nell’alzare il bicchiere di tè freddo, nel posare la cenere del fumo; o quel darsi pena dell’aspetto, del vestito, entrando a Palazzo Cusani, nel 2012, in Giugno.

Comunque le ho anche parlato della tesi, del filo rosso di fondo. Mi guarda sorridendo, annuisce. La soddisfazione di avere intuito giusto. Sa, signora Spaziani, leggere i suoi versi, per me, è stato come innamorarsi, come sentire dalla pancia una corrispondenza; come se la mia idea di poesia palpitasse esattamente dentro la sua lirica. È stato un riconoscimento.

Era Dicembre, giorno dell’Immacolata, faceva anche piuttosto freddo, sull’autostrada del ritorno verso Milano, quella sera avrebbe nevicato.